Ritmi, riti e riflessioni (di S. Picarò)

1331 2024 03 24 Tavola rotonda per la V Edizione di Ritmi e RitiRitmi, Riti & Riflessioni

di Stella Picarò

 

In occasione della presentazione della V Edizione di Ritmi e Riti di Claudio Lanzi, che si terrà presso il Palazzo Petrignani di Amelia il prossimo 24 Marzo, abbiamo pensato di dedicare a questa meravigliosa opera una sorta di prefazione estemporanea e non presente nel testo.

 

Ritmi e Riti è stato il primo dei molti libri che mi ha donato Claudio Lanzi all’inizio della nostra conoscenza, quando nessuno dei due sapeva quanto profonda e trasformativa (parlo per me) sarebbe stata la nostra amicizia, ma già presentivamo entrambi che qualcosa ci univa: innanzitutto una intensa curiosità per quel che nel Faust di Goethe il protagonista definisce “il quid che tiene insieme il mondo”.

Nel caso dell’Autore, la sua curiosità era già domata da decenni (o forse eoni) di pratica meditativa e d’intenso e dedito studio; nel mio caso sto ancora cercando di mettere le briglie a quell’immaginazione che può portare così lontano (il che a volte significa anche “lontano dalla meta”) e Ritmi e Riti è in un certo senso, ma non solo, il “manuale” perfetto per capire come indirizzare il pensiero attraverso modi e tempi geometricamente precisi.

Questo libro ha infatti un’applicazione almeno duplice: da un lato istituisce collegamenti tra vari tempi e luoghi del mondo in cui l’uomo ha saputo cogliere la Sapienza geometrica all’opera, dall’altro lato suggerisce come coniugare tante di quelle “parti” del “discorso ermetico” che a una prima esperienza di studio e pratica possono sembrare del tutto disgiunte, ma che invece si rivelano poi profondamente connesse tra loro.

Quest’opera è quindi omeopatica, sia perché procede in piccole dosi (non come certi testi new age, che invece tendono, quasi sempre volutamente, a ubriacare il lettore di nozioni spesso in contrasto l’una con l’altra), sia, soprattutto, perché è simile all’Autore, è omogeneo al suo percorso di vita, e come tale, ha subito varie rivisitazioni e aggiornamenti, giacché, come affermava Eraclito, panta rei, e nessun meditante s’immerge mai due volte nello stesso fiume.

Allo stesso modo, nessun lettore si tuffa mai nello stesso libro, sia esso pure un semplice “testo di consultazione”. Questa esperienza risulta tanto più autentica con le pagine di Ritmi e Riti, nelle quali suoni, immagini e parole si susseguono in un armonico percorso esplicativo, illustrativo ed educativo – tre aggettivi che esprimono ciascuno una caratteristica dell’opera, la quale spiega (ossia mostra le pieghe, e si sa, è nelle pieghe che si cela il mistero), illustra (con le immagini che danno corpo al testo) ed educa, ossia, socraticamente, tira fuori dalla testa e dalla Memoria del lettore ciò che egli già sa). Appuntiamoci la parola Memoria, sulla quale torneremo.

1331 Fig 2A ben guardare, questo libro è un po’ come il Sacro Bosco di Bomarzo, detto anche “Villa delle Meraviglie” e “Parco dei Mostri”; ancora una tripletta: bosco sacro, ossia il pagus, un luogo separato e con-sacrato al numinoso; una villa di meraviglie, le mirabilia, le cose da ammirare; e infine un parco di mostri, dove monstra alla latina, sono le cose da mostrare a dito e magari su cui meditare.

Ogni pagina, ogni disegno, ogni parola di Ritmi e Riti sono come le statue del Bosco, e non a caso una delle anfore presenti nel pagus reca inciso un motto che inneggia al ritmo cosmico:

 

“Notte et giorno noi siam vigili et pronte a guardar d’ogni ingiuria questa fonte”.

 

Anche l’Autore ha “vegliato” nella scrittura, come il cavaliere vegliava le armi,[1] perché, questo libro, in effetti, è anche un’arma bianca di comprensione che squaderna le leggi della geometria sacra e spiega la profonda relazione di corrispondenze che collega l’uomo al cosmo; solo conoscendo e onorando tali connessioni l’uomo consegue una vita armoniosa e graziosa. L’opera di Claudio Lanzi è dunque ermetica, perché apre l’intelletto, e le illustrazioni si schiudono al lettore come le statue di Bomarzo sussurrano al visitatore i propri misteri solo se costui si apre all’osservazione e ricorda.[2]

Il silenzio e l’attenzione sono dunque parte dell’equipaggiamento del lettore attento; chi si volesse poi avventurare in un testo ermetico dovrà munirsi anche di altri strumenti. Come mostra l’emblema 42 dell’Atalanta Fugiens di Michael Maier, colui che vuole occuparsi di Alchimia dovrà avere la Natura per Guida, la Ragione come bastone, dovrà applicare le lenti dell’esperienza e dovrà usare la lanterna della Lettura.[3]

Questi sono anche gli strumenti con cui l’Autore ha indagato la propria spiritualità con l’aiuto dei suoi maestri, tra cui ricordiamo Adriano Graziotti, e ha cercato di spiegare alcuni simboli esoterici universalmente noti e codificati o arricchiti e stratificati nell’ambito della dottrina pitagorica e platonica; a supporto di tali spiegazioni Claudio Lanzi invoca anche le opere dei Padri del Deserto, gli scritti sacri indiani ed egiziani e naturalmente i testi orfici, sufi e gnostici.

Citavamo prima la Memoria, che nell’antichità classica era una dea: Mnemosine per l’appunto. In un’ottica di anamnesi, cioè di ricapitolazione per cercare di “unire i puntini” della propria esistenza per coglierne il significato profondo all’interno della più grande esistenza del cosmo, Mnemosine non è più il ricordo di ciò che è svanito, ma è la forma di ciò che è, giacché la dea della Memoria conserva tutto dentro di sé, e tutto le è eternamente presente nella sua sede più propria, il cuore. Per questo secondo i veri culti misterici (esoterici) Mnemosine aboliva il flusso del divenire e riportava il myste nella dimensione del senza-tempo.

Infatti, come ricorda Pausania (IX, 29, 2-3), ancor prima di essere la madre delle nove Muse, Mnemosine generò tre Muse: Meleté, “l’esercizio”, Mnéme, la “memoria” e Aoide, il “canto”, i tre momenti di ogni forma contemplativa: 1. Meleté è l’esercizio meditativo; 2. Mnéne è il risveglio del principio spirituale; 3. Aoide è la “rivelazione” di una condizione spirituale, il canto della Musa, che solo può aprire all’uomo la dimensione del sovraumano. Non a caso gli antichi poemi epici iniziavano con l’invocazione alla musa: “Cantami o Diva” – “Narrami o Musa”, per arrivare fino a Dante, che nel canto XXIV del Purgatorio identifica la Musa con l’Amore[4] e scrive di sé:

I' mi son un che, quando

Amor mi spira, noto, e a quel modo

ch'e' ditta dentro vo significando”. (52-54)

Solo l’Amore dà un senso a ciò che si sperimenta; per questo l’opera di Mnemosine è “divina” solo se si esplica non soltanto nel ri-membrare (ossia nella memoria del corpo) e nel rammentare (ossia nell’azione ricapitolativa della mente), ma anche e primariamente nel ri-cordare, nell’agire del cuore, che è dove la memoria davvero risiede. Non a caso “imparare a memoria” si dice by heart in inglese e par coeur in francese. L’Amore è il Maestro che insegna nel silenzio ed educa per indizi e sussurri, come fa Dürer nella celebre Melancolia I, il cui ambiguo poligono viene esa-minato nel libro. L’Amore educa perché, ancora una volta omeopaticamente, estrae in colui che lo accoglie le qualità a lui più simile: le Virtù e le Grazie.

1331 Maier EmblemaIn forma di pura gratitudine, l’Amore per l’oggetto di studio e per i suoi maestri è stato ciò che ha spinto l’Autore a creare, con le successive edizioni di Ritmi e Riti, un testo che è un compendio di ermetismo, un manuale di etica[5] e un inno di ringraziamento a chi è venuto prima e ha acceso i lumi alla cui luce adesso, in questo disastrato XXI secolo, riusciamo ancora a procedere.

Concludo qui queste “riflessioni fuori stampa” con la certezza di aver detto troppo poco su di un libro così stratificato, e con la speranza di aver destato un po’ di curiosità in coloro che non l’hanno ancora letto.

A tutti gli altri, buona rilettura!

Stella Picarò

 

 

 

 

 

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[1] Cfr. dello stesso Autore, Introduzione alle tecniche di meditazione occidentale, Simmetria, 2017.

https://www.simmetriainstitute.com/it/bookshop/scienza-sacra/introduzione-alle-tecniche-di-meditazione-occidentali-133-137-detail.html

[2] Lo stesso dicasi delle statue e delle fontane di Villa Lante a Bagnaia, di cui pure l’Autore si è interessato in un testo significativamente intitolato: “Ermetismo e dottrina pitagorica nei parchi rinascimentali”.

https://www.simmetriainstitute.com/it/alchimia-ermetismo-kabbala/villa-lante-di-bagnaia-ermetismo-e-dottrina-pitagorica-detail.html

[3] Cfr. Michael Maier, Atalanta Fugiens, Oppenheim, 1617.

[4] E anche per questo Dante è un Fedele d’Amore.

[5] Come lo ha definito Roberto Laneri nella I Premessa alla IV Edizione.


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